[:it]Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sul gin è su “ilGin.it” di Marco Bertoncini[:]

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di ELISABETTA LUGLI

Il gin è un distillato dalla storia affascinante e presenta diverse modalità di preparazione che producono risultati estremamente diversi tra loro, come abbiamo avuto modo di scoprire nelle precedenti interviste ad Alex Frezza e Samuele Ambrosi. Ma più si impara e più viene voglia di imparare, e il mondo del gin ha ancora molto di sé da svelare: per questo abbiamo interpellato Marco Bertoncini, bartender e fondatore de ilGin.it e ilTuoGin.it, che riguardo a questo distillato e a tutto ciò che gli gira intorno ha una conoscenza profondissima e una capacità di intuizione ineguagliabile.

Ecco cosa ci ha raccontato.

 Marco, raccontaci come la tua storia si è intrecciata con quella del gin.

Partiamo dalle origini, iniziamo con il dire che la rinascita del gin è avvenuta verso la fine degli anni 2000: prima di allora non esisteva un settore premium, ed è stato Hendrix a sopperire a questa mancanza. Questa rinascita è avvenuta in Spagna, e io in quel periodo lavoravo lì come bartender. Si iniziavano a vedere nuovi gin che in Italia ancora non erano conosciuti, e si iniziava a vedere il gin tonic servito nel bicchiere baloon pieno di ghiaccio anziché nel tumbler. A volte l’abito fa il monaco, e il bicchiere baloon ha rappresentato per il gin tonic un abito molto affascinante che ne è diventato il simbolo. Mi sono interessato al fenomeno e una volta tornato in Italia, a Bologna, ho rilevato un piccolo locale, il “Caffè Ristretto”, e ho iniziato a proporre il gin tonic come in Spagna. Lo servivo in bicchieri comprati in Spagna, con un cubetto di ghiaccio da 50 grammi esatti, prodotto da una macchina da ghiaccio che ho chiesto appositamente alla Brema.

Poi sono arrivati i due portali: ilGin.it e ilTuoGin.it.

Prima è arrivato ilGin.it e dopo ilTuoGin.it, ma sono due creature uscite dallo stesso cappello, uno nasce dalle competenze dell’altro. Con ilGin.it ho iniziato a parlare del mondo del gin a 360 gradi: dal tecnico al mondano, sempre informato su tutte le uscite di nuovi prodotti e su qualsiasi notizia inerente al mondo del gin. Con lo staff de ilGin.it abbiamo iniziato a parlare di gin come lifestyle: dove c’era il gin c’eravamo anche noi. Le competenze, con il tempo, sono aumentate e il portale è diventato una risorsa per le aziende perché nel frattempo avevo acquisito una visione chiara e ampia, completa sul mondo di questo distillato. Ormai con ilGin.it siamo in grado di dare a chi produce un buon gin gli strumenti adatti per farsi conoscere, per operare le giuste scelte commerciali. IlTuoGin, invece, permette a chiunque di giocare con le botaniche producendo da solo il proprio gin. Non ci sono minimi d’ordine, si può fare anche una bottiglia singola. Con le botaniche che mettiamo a disposizione vengono fuori qualcosa come 180 milioni di combinazioni possibili. Un modello matematico mette insieme le variabili e ci permette di essere veloci e performanti. Il gioco consiste nel dare al gusto una direzione, seguendo le proprie preferenze.

Come si crea un buon gin?

Il gin è la cosa più simile che ci sia a una ricetta di cucina, smontandola ti accorgi che funziona per affinità o per contrasto. C’è stato un periodo in cui tra i produttori si faceva a gara per chi metteva più ingredienti, mentre oggi si è tornati indietro nel tempo, avvicinandosi a un concetto di “meno è meglio”, concentrandosi sui valori organolettici di una singola botanica oltre al ginepro. Dal ginepro stesso, inteso come “monobotanica”, vengono fuori gin diversissimi tra loro. Poi è anche una questione di lavoro esperto con le erbe, non è per niente scontato: per esempio, ci sono botaniche che servono a rendere i gusti più omogenei, stabilizzando gli aromi, come il giaggiolo fiorentino, l’angelica o il coriandolo. Al giorno d’oggi ci sono ottimi gin preparati per infusione, metodo che per lungo tempo è stato considerato sinonimo di bassa qualità e che invece può portare a ottenere prodotti artigianali sorprendenti. Un esempio? I prodotti di Saverio Denti, tutti super artigianali, sono ottimi compound.

Altre considerazioni da fare sul gin italiano?

In Italia si fanno molti gin di qualità. Spesso i produttori hanno alle spalle esperienze legate ad altri prodotti, come la grappa. La grappa è difficile da fare, quindi anche i gin creati da chi ha già quell’abilità sono ottimi, si sente proprio la mano del distillatore, la tecnica, l’abilità di tagliare le teste e le code nella distillazione. Poi c’è spesso un mix di antico e moderno: ci sono distillatori altoatesini che su alambicchi moderni mettono gli stracci bagnati come si faceva una volta, per esempio.

 Come mai molti che prima producevano altri alcolici si sono messi a fare il gin?

C’è un grande interesse nei confronti del gin al giorno d’oggi. La rinascita che ha avuto negli ultimi anni, soprattutto legata al gin tonic, ha dato vita a un segmento di mercato che prima non esisteva, molto trasversale: non c’è un vero e proprio target di riferimento. Mentre la vodka evoca l’idea del lusso – la ordini per festeggiare qualcosa e in qualche modo dimostri uno status – per il gin non è così. Un gin tonic è per tutti, una bevanda semplice e dissetante, poco zuccherata nel mondo molto zuccherato della mixology. La diversificazione dei gin che le aziende hanno messo in atto ha creato ulteriore interesse, c’è la voglia di provare i prodotti nuovi, scoprirli, collezionarli. Per tutti questi motivi è naturale che i produttori abbiano voglia di confrontarsi con la preparazione del gin, che rappresenta un mercato molto interessante.[:]

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