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di CORRADO LARONGA
Pietro Ghilardi, fondatore e CEO di Ghilardi Selezioni, racconta cosa vuol dire vivere la pandemia da una delle città più colpite – Bergamo – e come l’azienda ha reagito alla crisi
Pietro, avendo sede a Bergamo siete stati nell’occhio del ciclone per mesi e in realtà non ne siete ancora usciti. Puoi raccontarci la situazione vista dall’interno?
Ammetto che la prima settimana è stata scioccante perché questa situazione ci ha presi alla sprovvista, un po’ come tutti del resto. Ma gli esseri umani sono piuttosto adattabili per natura, così ben presto ci siamo fatti coraggio, abbiamo cominciato a pianificare le strategie per affrontare la crisi e ci siamo rimessi in moto. Credo che sia stato così per tutti in realtà, confrontandoci con colleghi cinesi abbiamo visto che anche per loro l’iter è stato il medesimo. Per fortuna i nostri dipendenti e i nostri clienti stanno tutti bene, qualcuno si è ammalato ma non abbiamo perso nessuno, quindi guardiamo al futuro con fiducia.
Quanto è stato difficile affrontare la chiusura dei mercati?
Il nostro canale è l’horeca, quindi come immaginerai il mese di aprile ha registrato un calo enorme, praticamente l’80% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Abbiamo però sfruttato questo tempo per fare tanta formazione interna e abbiamo continuato a cercare nuovi prodotti, alcuni dei quali sono già entrati in catalogo (estratti analcolici di ApoJuice, nuove referenze di Distilleria Quaglia, e gli amari italiani prodotti da Foletto Trentina) mentre altri entreranno a settembre. Vi do un’anticipazione: abbiamo stretto un accordo con un importante produttore di Barolo che andrà ad ampliare il nostro catalogo di vini italiani, un progetto di cui ultimamente ci stiamo occupando con particolare impegno.
Starete in qualche modo vicino ai vostri clienti nella riapertura?
Assolutamente sì. Come azienda serviamo più di 1800 clienti, ognuno dei quali ha esigenze diverse ma attualmente gli stessi problemi di liquidità. Per prima cosa dunque abbiamo offerto una dilazione dei pagamenti, poi vedremo caso per caso come intervenire sempre nell’interesse del cliente.
Credi che l’esperienza di questa pandemia produrrà qualche cambiamento a livello commerciale e umano?
A livello commerciale credo che questa crisi darà una spinta netta all’e-commerce, come si è già visto in questi mesi di lockdown e come abbiamo potuto notare noi stessi grazie ai numeri sia del nostro sito che di clienti che hanno investito negli anni in questo canale. Credo che alla lunga assisteremo a una modernizzazione e a un ulteriore sviluppo della distribuzione italiana, specialmente nel canale vino.
A livello umano invece non credo cambierà molto, credo. Siamo diversi miliardi di persone su questo Pianeta, ognuna delle quali avrà vissuto questa situazione e avrà elaborato un percorso a modo suo. Per alcuni magari è cambiato tutto, per altri invece non è cambiato nulla, quindi non credo che si possa parlare di inversioni o correzioni di rotta a livello globale. In generale credo però che apprezzeremo di più cose che prima davamo per scontate come la possibilità di uscire e socializzare, perché sono alcuni degli aspetti che più ci sono mancati.
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