[:it]di ANNA TAMBURNINO
Vi sarà sicuramente capitato di sentir nominare i cosiddetti “cocktail Tiki”, ormai di tendenza e sulla bocca di tutti, ma siete sicuri di sapere che cosa siano?
Se qualcuno ve lo chiedesse probabilmente avreste serie difficoltà a rispondere, anche se sicuramente avete ordinato e bevuto questi cocktail milioni di volte, forse senza nemmeno sapere che facessero parte di questa particolare categoria.
Questo perché c’è molta confusione a riguardo, soprattutto dovuta al fatto che spesso la si accomuna a quella dei cocktail Tropicali, in realtà completamente diversa. La miscelazione Tiki, considerata la più difficile di tutti i tempi, è tecnica, ricerca, bilanciamento ed è diametralmente opposta alla semplicità tradizionale delle preparazioni Tropicali.
La confusione è però plausibile, in quanto nessuna delle due miscelazioni appartiene alla nostra cultura, e deriva da un approccio sbagliato che spesso interessa il Tiki sia dal punto di vista della composizione sia nel suo coinvolgimento sociale. Ma è anche evidente che spesso chi tenta di divulgarla non lo fa nel modo corretto.
Per iniziare a fare chiarezza, partiamo dal nome che suggerisce le sue origini: la parola “Tiki” è infatti una parola polinesiana dai diversi significati. Il Tiki nasce intorno agli anni ’30 proprio dall’esigenza di vivere un clima esotico, sognato e desiderato dagli americani dopo l’incubo del Proibizionismo e della Grande Depressione. Un modo di bere innovativo in cui il Rum è il protagonista indiscusso. Ma, oltre che uno stile di miscelazione, il Tiki può essere considerato un vero e proprio mondo che ripropone in chiave “pop” l’esotismo delle isole del sud del Pacifico – quell’area dell’Oceania compresa nel triangolo tra la Nuova Zelanda, l’Isola di Pasqua e le isole Hawaii – e che nasce con l’intenzione di soddisfare il desiderio di evasione dalla realtà quotidiana. Non a caso, questo movimento inizia con l’apertura, nel 1931, del Don the Beachcomber, il primo bar-ristorante a tema polinesiano aperto a Hollywood da Donn Beach, considerato il padre della “Tiki culture”.
Nelle sue potenti pozioni a base di Rum Donn Beach ripropone le più antiche tradizioni esotiche, apprese durante i suoi viaggi per il mondo, soprattutto tra Caraibi e Pacifico meridionale.
Alla diffusione della miscelazione Tiki nel secondo dopoguerra danno un forte impulso anche i locali di Trader Vic, altro grande esponente del movimento. I due sono autori di numerosi cocktail, copiati e imitati in tutto il mondo, dei quali i più leggendari sono lo Zombie di Donn Beach e il Mai Tai di Trader Vic.
La fortuna del Tiki, dopo oltre 25 anni di boom, comincia a declinare negli anni Settanta, per poi tornare alla ribalta a partire dai primi anni del nuovo secolo. Oggi è infatti molto popolare e suscita più che mai curiosità, tanto che a Torino è in programma per quest’estate, probabilmente intorno a metà luglio, un evento interamente dedicato a questo tipo di mixology. Insomma, che foste già degli appassionati di Tiki o che lo abbiate scoperto solo ora, non perdetevi questo appuntamento esotico![:]