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di ELISABETTA LUGLI
Qualche settimana fa abbiamo iniziato a percorrere la storia del gin, accompagnati dai sapienti racconti di Alex Frezza, e ne siamo rimasti affascinati. Adesso è arrivato il momento di affrontare la seconda tappa del viaggio nel mondo di questo distillato, che è sicuramente uno dei più amati al mondo. Come accompagnatore in questa avventura, stavolta abbiamo interpellato un altro grande esperto in materia: il celebre bartender Samuele Ambrosi, vincitore di numerose competizioni e proprietario a Treviso del Cloackroom Cocktail Lab e de La Pace.
Il momento per parlare di gin con Samuele non poteva essere più azzeccato: proprio in questi giorni sta per andare in stampa il suo libro, un testo sul quale ha lavorato ben sei anni che porta il titolo di “Anthologin”, e che uscirà per Guido Tommasi Editore. Ed è da qui che abbiamo deciso di partire per il nostro viaggio con lui nel mondo del gin.
Samuele, sta per uscire “Anthologin”: titolo azzeccato ed evocativo! Cosa ci racconti di questo tuo libro?
Anthologin è frutto di un lavoro durato sei anni! Quando ho iniziato a scriverlo ho capito subito che un conto è insegnare e un altro è scrivere, i tempi e i modi sono completamente diversi. Scrivere questo libro mi ha portato a fare tante ricerche approfondite, perché ho deciso di controllare io stesso le fonti senza affidarmi a cose già sentite, già dette. Il risultato è un testo tecnico, ma non soltanto dedicato agli addetti ai lavori, bensì perfetto anche per gli appassionati del prodotto. Non è un libro di ricette: ce ne sono alcune, ma non è quello il focus. Piuttosto ci sono tante esperienze legate alle ricette, e c’è il gin spiegato anche in base alla storia della miscelazione. Il libro ha anche la particolarità di essere completamente illustrato, con tavole sia artistiche che tecniche. Inoltre contiene la top 100 dei gin secondo il mio parere.
Parliamo di gin, e partiamo dalle basi. Qual è la prima cosa che si può dire?
Partiamo dal fatto che ci sono tre macrosuddivisioni nel mondo del gin: il London Dry, il Distilled e il Cold Compound. All’interno delle tre categorie è un po’ come in politica: si aprono mondi e c’è tanta confusione.
Proviamo a fare chiarezza: partiamo dal London Dry.
Tanto per cominciare: oggi il London Dry rappresenta una categoria, ma quando emerse, il suo nome non era altro che un sinonimo di qualità e pulizia. Parliamo degli albori della distillazione a colonna, verso il 1850, e con London Dry ci si riferiva semplicemnte a un prodotto più curato e costoso di altri. Oggi invece è sinonimo di uno stile, che impone che la botanica predominante sia il ginepro. La sua produzione prevede che tutti gli ingredienti vengano distillati insieme.
Quindi dopo la distillazione non si può più intervenire?
Qualcosa si può fare: si possono assemblare due London Dry creando un Premium Blended London Dry. Si può concentrare e diluire. Fine. Il London Dry ti obbliga a distillare tutto insieme, ma così facendo ti obbliga anche a un approccio da artista nei confronti del distillato. Inoltre, c’è una cosa importante da dire: il gin non si beve liscio, la visione di chi lo produce dovrebbe sempre essere più ampia, proiettata sulla miscelazione. Un gin finito può avere dei difetti a differenza di altri distillati che si bevono lisci, bisogna essere lungimiranti, immaginarselo miscelato. Poi, un’altra cosa importante da dire è che è difficile mantenere uno standard. Il gin lavora sulle spezie, che non sono sempre uguali, cambiano in base all’origine e ad altri innumerevoli fattori. È una faccenda complicata, nel complesso!
Cosa mi dici dei gin distilled?
Che ti permettono di lavorare sulle singole spezie. Con i distilled, la qualità la fa il dettaglio della lavorazione. Pensa a un prodotto che distilla al 100% aromi freschi, lavorandoli uno per uno: si può giocare, si possono fare grandi prodotti. Prendi Gin Mare, ad esempio, che distingue ogni singola botanica e poi miscela.
Parliamo ora del Cold compound.
Il Compound è il vecchio stile, il gin fatto come una volta. Non ha l’obbligo della ridistillazione. Sono gin un po’ più difficili da usare, per via della loro forte identità. Ma alcuni dei gin migliori in circolazione sono sicuramente proprio dei compound.
Ci puoi dare qualche ricetta di cocktail che ami? Sarebbe bello averne una per ogni tipo di gin menzionato.
Certamente: per quanto riguarda il London Dry, ti lascio un’anticipazione che sarà presente nel mio libro Anthologin, una mia signature. Ecco la ricetta:
Flavoured Seaport
3 cl. Elephant Gin London Dry
2,5 cl. Ancho Reyes Liqueur
2 cl. Fresh lime juice
1 cl. Flavoured Honey Mix
drop vanilla liqueur
pressed chili pepper
top with Scortese Ginger beer
Preparazioni
Flavoured Honey Mix
300 ml di miele e 200 ml di acqua tiepida. Miscelate sino a che il composto non sarà completamente omogeneo (in genere le proporzioni sono pari al 40% di acqua e al 60% di miele). Infine aggiungete alcune bucce di limone, di arancia e di pompelmo, avendo cura di togliere la parte bianca. Sottovuotate il tutto e lasciate riposare per 14/18 ore.
Procedimento
Raffreddate per bene una coppa da champagne oppure conservatela in frigo/congelatore. Raffreddate perfettamente il vostro shaker (gettate poi tutto il ghiaccio contenuto) e pestate al suo interno un piccolo peperoncino secco (verificate bene la piccantezza, non solo tramite la scala di Scoville in base alla sua origine, ma assaggiandolo precedentemente in modo da non rovinare l’equilibrio del drink). Versate tutti gli ingredienti salvo la Ginger beer, aggiungete qualche goccia di albume d’uovo fresco o disidratato e poi shakerate energicamente. Abbiate cura di fare un double strain per togliere ogni parte in sospensione sia del ghiaccio sia del peperoncino e ultimate con Scortese Ginger Beer.
Per quanto riguarda i distilled e i compound, ti riporto invece due ricette sempre presenti nel mio libro ma twistate per l’occasione, eccole:
Ambrosia Wine Cobbler
10 cl. oxidized Ambrosia Wine
3 cl. GIN MARE
2 cl. Honey Mix
top with Scortese Ginger Beer
GARNISH
Ciuffo di menta, fettine di agrumi, frutti rossi, zucchero a velo
Preparazioni
Ambrosia Wine
In una jar scoperta lasciate macerare in frigo per qualche giorno del vino bianco aromatico stile Prosecco, IM6013, Riesling, etc… con honey mix e spezie, tra cui rosmarino, mentuccia, timo, bucce di limone e di arancia, pepe e anice stellato.
Procedimento
In un gassificatore Twist’n Sparkle versate il vino ossidato e il gin. Molto importante è che tutti i prodotti siano ben freddi. Quindi chiudete bene e gassificate. Lasciate riposare per qualche minuto in frigo in modo che il gas si amalgami bene con il liquido. Nel frattempo prendete un bicchiere goblet o un bel calice da vino, riempitelo
di ghiaccio crushed e versate il vino fortificato con il gin. Infine ultimate con la ginger beer, decorando a piacere.
Belle Époque
RICETTA (9 cl.)
2 cl. CAORUNN Scottish Dry Gin
1 cl. Liquore China Clementi
3 cl. Red Vermouth Riserva Carlo Alberto
2 cl. Bitter Campari flavoured with camomilla, melissa and grapefruit peel
1 cl. soda
PREPARAZIONI
Flavoured Bitter Campari
Immergete le sostanze aromatizzanti in infusione in una certa quantità di liquido alcolico per un periodo di tempo variabile da 6 a 18 ore in base a quanto inteso lo vogliate ottenere. Poi filtrate prima in un colino a maglia fine e poi, a cocktail ben freddo, in un aeropress direttamente sul bicchiere del cliente.
NOTE
Ricetta di Samuele Ambrosi, presente nella Hall Of Fame del libro NEGRONI COCKTAIL. Una leggenda italiana di Luca Picchi.
PROCEDIMENTO
GARNISH
Buccia di pompelmo rosa
A differenza di un classico Negroni preparato direttamente nel bicchiere, qui io suggerisco di raffreddare molto bene l’old fashioned con ghiaccio,
ma di lavorare direttamente nel mixing glass ben ghiacciato versando tutti gli ingredienti al suo interno e facendo uno stirring leggermente più lungo in modo da lasciare un pochino di spazio a una lieve diluizione.
Un perfect serve che utilizziamo con questo drink alcune volte è quello di lavorarlo in stirring con il flavoured Bitter Campari grossolanamente filtrato in modo che mantenga ancora residui della macerazione. Successivamente versiamo il drink in una bottiglietta perfettamente etichettata e conservata a 4 °C. Al cliente verrà servito un tumbler basso con un chunk unico di ghiaccio,
la bottiglietta ben fredda e un aeropress, in modo che appoggi lo strumento sul bicchiere, versi al suo interno il contenuto della bottiglietta e proceda all’ultimo filtraggio, diventando così lui stesso l’esecutore finale del suo drink.[:]