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Carola Braggio, brand manager di Krug, ci racconta la storia e la filosofia di una delle Maison di Champagne più famose del mondo.
Carola, cosa fa esattamente il brand manager di Krug?
Potremmo definire il mio ruolo come quello di un responsabile marketing, ma ci sono molte altre cose di cui mi occupo, oltre la parte strategica. Per esempio, sono anche ambassador del prodotto che rappresento, sono io a portarlo in giro per il mondo, a farlo degustare, a raccontarlo e raccontare la storia di una Maison così importante come Krug. Per essere più precisi, potremmo dire che il mio è un ruolo a cavallo tra trade marketing, responsabile marketing e ambassador. Di sicuro non mi annoio!
Come avete vissuto il lockdown in azienda?
Diciamo che la nostra quotidianità è molto cambiata: noi brand manager non potevamo più né organizzare eventi né presentare il nostro prodotto dal vivo, quindi abbiamo studiato un piano alternativo fatto principalmente di attività digitali. Krug in tal senso è stata all’avanguardia. Personalmente ho puntato molto sulle degustazioni online, organizzando un evento su instagram che ha coinvolto tutti i nostri ambassador in una grande riunione per celebrare Krug anche virtualmente. È stato un modo per dire ai nostri clienti “noi ci siamo”.
Avete anche creato la Krug Connect, ce ne parli?
Certo. Tutte le attività online che abbiamo realizzato hanno spinto la Maison ad avviare un programma di iniziative su Zoom che si chiama appunto Krug Connect. Si fa training, si degusta, si gira il mondo virtualmente e si presentano anche nuovi prodotti come la Krug Grande Cuvée 168ème Édition, l’assemblaggio numero 168 dalla fondazione della Maison, il miglior Champagne possibile creato nel 2012, indipendentemente dalle condizioni climatiche, e svelato al mondo ad aprile.
Adesso che le restrizioni sono di meno tornerete a fare eventi?
È vero, le restrizioni sono di meno, ma bisogna comunque essere molto responsabili in questo momento. Nei mesi passati, anche dopo il lockdown, abbiamo continuato a sfruttare la piattaforma digitale integrandola però con una presenza fisica sempre più costante. Abbiamo chiamato questa evoluzione “phygital”, a cavallo cioè tra digitale e fisica. Abbiamo organizzato un evento pionieristico all’Ambassade Piedigrotta di Varese, con Olivier Krug in persona in collegamento che ha tenuto una degustazione in diretta e, a seguire, una cena durante la quale ho potuto di nuovo confrontarmi con gli ospiti dal vivo, sempre con le dovute precauzioni. In ogni caso, la programmazione di un calendario di eventi con ospiti e giornalisti, così come facevamo prima del Covid, non avverrà fino al prossimo anno.
Ci racconti un po’ la filosofia di Krug?
Per Krug lo Champagne è sinonimo di piacere, di emozione e mai di tecnicismo. Di ogni bottiglia è importante quello che ci lascia, non tanto le caratteristiche tecniche dello Champagne, ed è anche per questo che siamo soliti fare degustazioni con accompagnamento musicale. Krug Grande Cuvée, per esempio, è un’orchestra, un assemblaggio di tante diverse annate, e per ogni orchestra c’è un direttore che fa l’audizione a circa 400 musicisti (che sarebbero i vini a sua disposizione, tra quelli dell’annata corrente e quelli di riserva) e sceglie quelli più consoni alla sua orchestra. Per l’ultima edizione sono 198 i vini che sono stati scelti per la Grande Cuvée e quindi per la sinfonia finale.
Parlaci della gamma.
Oltre alla Grande Cuvée ci sono due grandi solisti: Clos du Mesnil, un 100% Chardonnay che viene prodotto in poco meno di due ettari di vigneto, e il Clos d’Ambonnay, un 100% Pinot Noir che proviene da 0,68 ettari di vigneto. Si tratta di due prodotti straordinari, per riprendere la metafora musicale potremmo definirli musicisti che suonano la musica dell’anno in corso di una sola uva proveniente da un unico appezzamento di terra. Sono solisti, la versione più pura di un solo vigneto, di una sola uva, di un solo anno. Poi c’è il nostro Millesimato, prodotto solo da uve di una stessa annata e riconducibile a quel gruppo di musicisti che in un’orchestra suonano il medesimo strumento. Krug Collection è poi la seconda vita del millesimato, che trascorre dai 25 ai 30 anni sui lieviti. Infine, fuori dal coro c’è Krug Rosè, il più anticonformista, quello che non era nei sogni del fondatore ma della quinta generazione dei Krug. Si narra che fino agli anni ’80 Monsieur Paul Krug, la quarta generazione, non avesse alcuna intenzione di aprire le porte a un rosé, nonostante la richiesta dei figli Henry e Remi. Così, questi ultimi ne cominciarono la produzione in gran segreto nel 1976 e gliela fecero assaggiare, senza dirgli cosa fosse, nel 1983. La risposta, a quanto dicono le fonti, fu: “Ragazzi, abbiamo un problema: qualcuno sta copiando Krug!”. Svelato “l’inganno”, Monsieur Krug diede il suo benestare alla produzione di Krug Rosé, perché prima di essere un rosé, era un degno Champagne Krug.
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