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Oggi proseguiamo la rubrica dedicata a bar manager ed head bartender di hotel di lusso con un altro grande protagonista della miscelazione italiana, Lucio D’Orsi. Il professionista, che è riuscito a inaugurare il primo Dry Martini by Javier de Las Muelas della nostra penisola nella terrazza del Majestic Palace Hotel di Sorrento, del quale è titolare e bar manager, è anche il general manager dello stesso albergo e maître e sommelier del ristorante d’hotel 1 stella Michelin Don Geppi.
Ciao Lucio, che percorso hai fatto per arrivare a dove sei oggi?
Ho frequentato l’istituto alberghiero di Castellammare di Stabia e, sin da ragazzo, ho seguito concorsi di miscelazione e di bartending. Ho lavorato in Svizzera e sono tornato in Italia per ricoprire il ruolo di primo barman, quindi bar manager e poi food & beverage manager della catena IHG (InterContinental Hotels Group), non prima di aver vestito i panni del primo maître. Ho avviato alcune importanti docenze e consulenze e poi sono arrivato nel 2010 al Majestic Palace Hotel. Qui, insieme alla mia compagna Giulia Rossano, ho aperto il Don Geppi Restaurant, stella Michelin nel 2015, nel quale ho impresso la mia firma sulla carta dei vini e sull’abbinamento di cocktails per i piatti del ristorante. Dopodiché, sono riuscito a realizzare un sogno, quello di portare in Italia uno dei cocktail bar più iconici di sempre, il DRY Martini by Javier de las Muelas, che abbiamo inaugurato il 30 maggio 2018 nella terrazza dell’hotel. Sempre nello stesso albergo, al pian terreno vi è un altro Dry Martini aperto anche durante l’arco del giorno – dalle 9 alle 24 – che fa servizio di caffetteria e offre una ristretta carta di cocktail rispetto al Dry Martini del rooftop.
Quali sono i compiti richiesti al bar manager di un grande hotel di lusso?
Innanzitutto, il rispetto degli standard alberghieri, ben diversi da quelli di un cocktail bar tradizionale, che il bar manager deve applicare severamente e controllare che gli altri suoi colleghi facciano altrettanto. A questo ruolo afferiscono anche altri importanti incarichi: uno dei nostri principali focus, l’accoglienza, una continua ricerca sugli ingredienti e sulle tecniche recenti, la formazione, da proporre al proprio team, e la creazione del menu, con il relativo controllo di beverage e food cost, la scelta dei prodotti da utilizzare e le eventuali partnerships. Fondamentale, non da ultima, è la conoscenza della lingua.
Al Majestic Palace Hotel di Sorrento lavorate con una clientela piuttosto internazionale? Quali sono i vantaggi di lavorare con una clientela del genere?
Al Majestic Palace abbiamo una clientela decisamente internazionale, con l’80% del pubblico inglese e la restante parte proveniente da Nord e Sud America, Nord-Est Europa, Francia e, per meno del 5%, Italia. Lavorare con una clientela di questo tipo è per noi motivo di grande crescita: tanti barman non hanno la possibilità economica o temporale per viaggiare e, nel mio caso, i primi maestri sono stati proprio i clienti di grandi alberghi. Noi abbiamo la fortuna di avere il mondo che viene da noi. Diventa fondamentale, proprio in questo senso, la conoscenza della lingua e pertanto pretendiamo che il nostro personale conosca l’inglese, il tedesco, il francese e lo spagnolo.
Nei 10 anni in cui hai lavorato qui a Sorrento hai avuto modo di conoscere le preferenze locali e internazionali. Quali differenze hai riscontrato?
Il mercato estero è sempre molto pronto alla scoperta, molto curioso, così come il mercato italiano, per il quale a volte c’è solo la necessità di stimolare al meglio la curiosità del cliente per portarlo ad assaggiare gusti nuovi e spesso più complessi. Il cliente straniero si lascia consigliare con più facilità: osservando una bottigliera con prodotti super premium sa già che berrà bene ed è sostanzialmente più aperto a conoscere nuovi sapori. Fatta questa dovuta premessa, accoglienza e attenzione per il servizio rimangono due tra gli standard essenziali per poter lavorare bene, con entrambi i target.
Come definiresti i tuoi cocktail?
Complessi e incredibilmente equilibrati. In molti miei drink utilizzo tanti ingredienti, fino a un massimo di 16, e dietro la scelta di ognuno e la relativa quantità, c’è un lunghissimo studio. Un altro aspetto che caratterizza la mia miscelazione è l’utilizzo di alcuni ingredienti del nostro orto o provenienti da piccoli produttori. Ad esempio, il Dry Martini è guarnito con le olive provenienti dagli alberi secolari del nostro giardino, così come i limoni e le arance, che utilizziamo per realizzare una marmellata che rappresenta uno degli ingredienti del Breakfast Martini.
Assieme alle sedi di Barcellona, Madrid, Londra, il Dry Martini Sorrento è uno dei Dry Martini by Javier de Las Muelas al mondo. Ci sono dei prerequisiti da rispettare?
Certamente. Abbiamo un codice etico, un manuale, che viene sempre ampliato con l’andare del tempo. I parametri da rispettare – il dress code, la camicia e il doppiopetto bianchi, e l’impossibilità di utilizzare anelli, bracciali, orologi eccetto la fede – arrivano da Barcellona. Se queste scelte sono dettate da un lato nell’esprimere ordine ed eleganza, dall’altro vogliamo che l’attenzione del cliente venga catturata dai gesti e non da aspetti superflui come monili o accessori vari. Altra particolarità di tutti i Dry Martini è una carta interamente dedicata a questo cocktail, il menù dei 100 Dry Martini, tutt’e declinazioni del grande classico.
Dove può spaziare la vostra libertà, invece?
In tutte le altre decisioni che, come sempre, devono essere concordate con la casa madre, per poter portare sempre avanti un discorso di riconoscibilità del brand. Con Javier abbiamo creato un rapporto molto personale e ciò ci permette di sviluppare idee creative, che non si trovano in alcun altro locale nel mondo. Un esempio è DRYpedia, un menu che è una vera e propria enciclopedia del beverage legata alle arti. Quest’anno l’ispirazione è stata quella della letteratura, mentre il prossimo anno sarà quella della musica e della danza, per un totale di 7 arti fino al termine del progetto, che avverrà nel 2023. Oltre a essere unico per il suo fine, questo progetto lo è anche per la durata che, trattandosi di una drink list, è decisamente oltre la media.
Come è suddivisa la carta del Dry Martini Sorrento e ogni quanto cambia?
Al Dry abbiamo diverse carte: quella principale è suddivisa in diverse categorie, dai Classic Cocktails ai Signature, i Vintage & Trendys, gli Excentrics, i Dry&Tonic, i Frappè, Mojito, Fresh Fruits Martinis e gli Analcolici. Molte di queste sezioni hanno dei piccoli menu visual che la accompagnano, dei menu pieghevoli che si poggiano sui tavoli. Poi abbino un’intera carta dedicata ai Dry Martini, la stessa in tutti i locali del gruppo, con 100 declinazioni differenti del nostro cocktail iconico. Ogni anno cambiamo molti cocktails che sono nel menù, lasciando però alcuni bestsellers.
Cosa servite da mangiare in abbinamento?
La carta della proposta gastronomica in abbinamento ai nostri cocktail è divertente. È costituita dalle tapas molto ricercate, e al contempo golose, preparate dalla cucina del Don Geppi. Alcuni esempi sono il Pane tostato, dattero e alice del Cantabrico, il Bikini sandwich con crudo San Daniele, tartufo e bufala, la Crocchetta di Jamón Serrano e il Mini Club Sandwich. Nei nostri progetti futuri c’è la volontà di inserire una proposta food fusion, che spazi dalla cucina giapponese a quella peruviana e nikkei, ovviamente da aggiungere alle proposte già in carta.
Che impatto ha causato il Covid-19? Avete lanciato qualche iniziativa?
Nella fase critica bisogna investire ed è per questo che noi l’abbiamo fatto per cambiare la veste del ristorante stellato, nel quale ora si trova una tela di 86 mq che riveste tutte le pareti, nel nuovo sito dell’albergo e nel progetto DRYaway, un e-commerce con il quale si possono acquistare i drink pronti da bere dell’omonimo progetto. Siamo stati l’unico Dry Martini a farlo e per questo ne siamo molto orgogliosi. L’idea è nata da molti nostri clienti i quali, al momento di lasciare l’hotel, esprimevano il desiderio di poter portare via i nostri cocktails. Poi è arrivato il lockdown e l’idea, finora rimasta in cascina, è diventata un nuovo progetto, che si è strutturato con la creazione di 14 cocktail in formato 100, 200 e 500 ml: dal classico Dry Martini all’Old Fashioned, passando per l’Hanky Panky e il Truffle Negroni. Uno di questi, il Golden Heritage, è stato realizzato in collaborazione con Belvedere Vodka, con l’utilizzo del neonato Heritage 176. I cocktail sono in commercio da fine marzo-inizio aprile, anche in alcuni locali selezionati, come le enoteche. È un progetto che funziona e sono già pronte diverse novità per ampliarlo ulteriormente.
Ci puoi dare la ricetta di un tuo signature cocktail?
Certamente. La ricetta è quella dell’Estli Maya, un cocktail che fa parte della nostra collezione Excentrics ed è ispirato agli usi e ai costumi della civiltà Maya. Gli ingredienti sono stati scelti in funzione della loro importanza nella cultura di questo popolo. Il pomodoro perché il rosso era per loro simbolo di rinascita, la tequila e il peperoncino per la loro importanza nell’alimentazione e l’oro in ricordo del sole.
Ingredienti:
4 cl Tequila Patron Silver
5 cl Succo di pomodoro
1 cl Sherry fino
1 cl Chartreuse verde
3 cl Cordial lime
0,5 cl Sciroppo di agave
5 Foglie di coriandolo
2 Gocce hot chili droplets by Javier de Las Muelas
Decorazione:
Fili di peperoncino
Foglia d’oro
Tecnica:
Shake and strain in un bicchiere con ghiaccio, completare con ghiaccio tritato e aggiungere la decorazione
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