[:it]Degustare la vodka come si fa con il vino? Ce ne parla la barlady Elena Airaghi[:]

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di ELISABETTA LUGLI

Dopo aver iniziato il percorso alla scoperta della vodka accompagnati da Julian Biondi, siamo pronti ad approfondire l’argomento affidandoci all’esperienza di Elena Airaghi, trentottenne barlady che – rientrata in Italia dopo anni di esperienza all’estero – attualmente si divide tra il lavoro di Brand Ambassador per Belvedere Vodka e quello per Raise The Bar, società di bar catering che gestisce lounge bar esclusivi.

Elena fa parte della Belved’air crew: la squadra di Ambassador composta da tre persone che girano l’Italia con Belvedere Vodka.

Le abbiamo fatto alcune domande, ecco cosa ci ha raccontato:

Elena, partiamo con un po’ di storia. Sappiamo che c’è una diatriba tra Russia e Polonia sulla nascita della vodka, tu cosa ne pensi?

La diatriba c’è, ma se guardiamo quel che abbiamo in mano a livello storico, bisogna dire che il primo documento in cui appare la parola vodka è un documento di corte polacco risalente al 1405. Comunque, al di là della diatriba, la vodka polacca è una garanzia, perché deve essere prodotta su suolo polacco dalla a alla zeta.

 

Insapore, incolore, inodore. Cosa ne pensi di questi aggettivi riferiti alla vodka?

Non sono d’accordo. Una volta si puntava su queste caratteristiche, è vero. Ci sono stati anni, in particolare i ’90, in cui la vodka è stato il distillato per eccellenza per chi intendeva bere senza che attorno la gente se ne accorgesse! Invece se facciamo un discorso di qualità ci può essere, e anzi al giorno d’oggi c’è, anche un concetto di terroir nel mondo della vodka. Penso che sarebbe bello che si iniziasse a degustare la vodka proprio come si fa con il vino.

 

Da quello che mi stai raccontando, intuisco che c’è un’evoluzione nel mondo della vodka, è corretto?

Sì, e tieni conto di una cosa: durante tutta l’epoca del proibizionismo, negli Stati Uniti, la vodka non si trovava. Quindi tutte le ricette di cocktail nate in quell’epoca, che sono poi i grandi classici, prevedono altri distillati. Tutt’ora i locali che si rifanno al concetto di speakeasy cercano altri tipi di prodotti. Quindi la vodka ha un gap rispetto ad altri distillati, una storia da recuperare. Evolve il prodotto e deve evolvere anche il modo in cui il pubblico si approccia alla vodka, deve essere sensibilizzato alla cultura di questo distillato: cosa particolarmente difficile in Italia.

 

Introvabile durante il proibizionismo: quando c’è stato il boom della vodka?

Come accennavo prima, negli anni ’90. La vodka è diventata famosa con la nascita del Cosmopolitan, al punto che il barman che lo ha creato (Toby Cecchini, a New York nel 1988, ndr) a un certo punto si è stufato di avere questa etichetta addosso! Il Cosmopolitan veniva preparato con la vodka citron, prodotto che ha portato al successo la Absolut. Poi, hai presente quanto il Cosmopolitan abbia accresciuto la sua fama grazie alla serie “Sex and the City”?

 

Torniamo al concetto di terroir al quale accennavi prima. Puoi spiegarci qualcosa di più?

Ti faccio un esempio basandomi su Belvedere Vodka. Tanto per cominciare è una vodka polacca, quindi interamente prodotta lì. È prodotta con la segale, che è un cereale molto tenace, molto forte. Già questo la rende diversa da altre vodke che partono da basi differenti. Ne esistono tre tipi che proprio grazie al loro terroir sono diversi tra loro. C’è la Belvedere Pure, per la quale si utilizza segale proveniente da 7 tenute diverse della Polonia, e che viene poi distillata vicino a Varsavia. Tra le tre, la Pure è la più versatile. Poi abbiamo la Belvedere Smogory Forest: per la sua produzione si usa una segale proveniente dalla zona occidentale della Polonia, ai confini con la Germania, zona di foreste, dove la segale rimane protetta e l’estate è lunga e abbastanza calda. Questo terroir dona un sapore particolare dando vita a una vodka spavalda, speziata, con sentori di caramello salato e pepe bianco. È un prodotto adatto a twist che contengono rye whisky, per esempio. Infine c’è la Belvedere Lake Bartezek, che utilizza segale proveniente dalla zona nordorientale della Polonia, che rimane stressata dal clima, coperta dalla neve quasi 80 giorni l’anno. Lo stress della neve dà alla segale caratteristiche particolari e la vodka che se ne ottiene è fresca, quasi mentolata, profumata, con note di mandorle, si sente quasi l’erba appena tagliata. Una vodka adatta a cocktail delicati, con Jasmine Tea per esempio, o Matcha. Ecco, queste sono differenze dovute al terroir!

 

Affascinante: le differenze di terroir possono quindi influire anche sulla scelta di cocktail da preparare, a seconda della vodka di cui si dispone. A questo proposito, quali sono secondo te i migliori cocktail in assoluto da preparare con la vodka?

Quando si parla di cocktail, la prima cosa che ti dico è che “semplice è meglio”. Non amo i drink troppo complicati. Trovo che sia importante la presenza di prodotti freschi: per esempio, tra i grandi classici, uno Screwdriver preparato con succo d’arancia fresca è il massimo. Se poi ci aggiungi del Galliano, diventa un Harvey Wallbanger, altrettanto buono! Oppure un Lemon Drop Martini, preparato con limone fresco e triple sec: è stato inventato a San Francisco all’Henry’s Africa Bar nel 1970, ed è ispirato alle famose caramelle a forma di spicchio di limone. O ancora il cocktail inventato da Salvatore Calabrese “The Maestro”, il Breakfast Martini, preparato con gin, triple sec, limone e marmellata arancia: se pensi in un’ottica di Twist on Classic invece del gin metti una vodka profumata. E ti aggiungo: Espresso martini, o Bloody Mary  in particolar modo se il succo di pomodoro si ottiene con un estrattore, usando Tomato Cherry o Pachino. Un bravo barman è capace di far da bere bene senza strumenti particolari, comunque. La bravura sta nella capacità di unire e bilanciare, e prima ancora, nell’abilità di saper servire il cliente, soddisfandolo nei suoi desideri.

 

Elena, ti chiedo un’ultima cosa: ci lasci qualche tua ricetta di cocktail a base vodka?

Volentieri, te ne lascio tre! Il primo è stato creato per il lancio della Limited Edition Janelle Monáe di Belvedere, A Beautiful Future: un cocktail che evoca uno spazio necessario per esprimere pensieri positivi, speranze e desideri, diversità, libertà di espressione, inclusione e emancipazione.

Un drink creato per le donne, eccolo:

The Pink Talk

45 ml Belvedere Vodka Pure

15 ml Simple Syrup

15 ml liquore alla rosa

15 ml succo di cranberry

50 ml pompelmo rosa fresco

Top di acqua tonica

Garnish petali di rosa

Tecnica Built

Bicchiere Calice Belvedere

 

Il secondo è un drink piuttosto robusto:

Into the Rye

45 ml Belvedere Smogòry Forest

15 ml Rye Whiskey

10 ml Eccentrico (liquore alla fava di tonka)

15 ml lime

15 ml sciroppo homemade al pepe bianco, miele e zenzero

Velluto di the in foglie.

Crumble di pane tostato alla segale

Shake and double strain on the rocks

Colmare con velluto di the in foglie

(Velluto creato con sciroppo homemade di the in foglie, lime e

albume: montare utilizzando un milk frother o in dry shake)

 

Per finire, un drink delicato:

TEA-se Me

45 ml Belvedere Lake Bartezęk

22.5 ml Matcha Tea

15 ml succo di limone fresco

15 ml homemade Jasmine syrup

10 ml aquafaba

Shake and double strain

Coppa Martini

Lemon Zest

Drink delicato per poter far emergere al meglio le caratteristiche

più tenui e fragranti della segale di Belvedere Lake Bartezęk.

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Commenti

  • Eugenio
    21/01/2024 A 20:26

    …per fortuna che, per lei, “semplice è meglio” !!!

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