[:it]Intervista a Paolo Cesino, bar manager del Fourghetti[:]

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Da poco più di un mese, al Fourghetti di Bologna ha fatto il suo ingresso dietro il bancone un nuovo bartender. È Paolo Cesino, il classe 1984 originario di Castellamare di Stabia (NA) che abbiamo deciso di intervistare, per approfondire il percorso che sta portando avanti nel suo nuovo locale.

 

Ciao Paolo, come hai iniziato la tua carriera e qual è stato il tuo primo passo verso il mondo dei cocktail?

Ho iniziato a lavorare in questo settore all’età di 14-15 anni, perché ero affascinato dalla fama del barman del quartiere. Inizialmente lavoravo in un bar prima e dopo la scuola. Poi, è stato il turno delle discoteche, e quindi delle esperienze in cocktail bar, tra Castellamare e la Penisola Sorrentina. Dopo il diploma ho sentito il bisogno di fare un salto di qualità, motivo per il quale mi sono iscritto a una scuola di bartending della durata di un anno, la Working Flair Bartending School (WFBS), che mi dava la possibilità di allenarmi realmente sul campo. Qui ho affinato le tecniche di miscelazione e ho imparato il flair, insieme alla concezione di questo lavoro sotto tutti gli aspetti. Dopodiché ho seguito altri corsi di formazione, al termine dei quali ho iniziato a trovare il mio concetto di miscelazione. Ho unito le tecniche che avevo appreso durante i corsi alle mie conoscenze pregresse, in particolare la scelta di utilizzare tutto di un prodotto, senza produrre scarti.

 

Quali esperienze ti hanno segnato di più lungo il tuo percorso lavorativo e che tipo di percorso stai facendo al Fourghetti?

L’esperienza più significativa finora è stata quella del primo locale in cui ho gestito il banco bar, a Bologna, il Wood Gastrobar. Qui ho imparato ad apprendere l’esistenza di tutti gli aspetti economici di gestione e ho avuto modo di migliorare la mia accoglienza verso il cliente. È stato il primo locale in cui ho espresso a 360° il mio concetto di miscelazione che prevede l’utilizzo di tecniche di cucina, del non-spreco e dell’autoproduzione. Sono arrivato al Fourghetti l’8 settembre di quest’anno. Ho voluto sin da subito lavorare a stretto contatto con lo chef Erik Lavacchielli, con il quale c’è un ottimo rapporto di condivisione dei pensieri nei menu degustazione, nei quali alcuni cocktail da me ideati sono stati abbinati ai suoi piatti.

 

Ci fai qualche esempio dei cocktail che hai in carta e che proponi in abbinamento ai piatti?

In carta abbiamo in tutto quindici cocktail, che si suddividono in tre sezioni. Una di queste, Signature, rappresenta la mia idea di cocktail, che è ben espressa nel Giardino mediterraneo. Qui ho dato la parte acida con un ingrediente notoriamente dolce, la carota, e quella dolce con un elemento notoriamente acido, il sorbetto di agrumi. Un’altra sezione in cui mi identifico molto è Dalla Cucina, una selezione di ricette in cui entrano a far parte alcuni elementi di cucina. In degustazione, in abbinamento a un piatto di carne, abbiamo proposto un Negroni in cui non ho cambiato la parte alcolica ma quella amara del bitter. Si chiama Dalla padella al bicchiere e l’ho preparato con i classici ingredienti che troviamo sott’olio e sott’aceto in quasi tutte le dispense. La parte amara è composta dal rabarbaro ammorbidito dall’aromaticità del carciofo; ho sostituito il vermouth dolce con il dry e l’ho infuso con le olive verdi di Cerignola per conferirgli sapidità. Ho lavorato tutti questi ingredienti sottovuoto insieme a funghi porcini spadellati.

 

Quando hai iniziato a lavorare sulla cucina liquida? È un tema che desideri approfondire ancora di più ora che sei al Fourghetti?

Da quando ho aperto il Wood Gastrobar nel 2016. Lì ho iniziato a inserire nuove tecniche di miscelazione ispirandomi a due barman italiani, Luca Cinalli e Filippo Sisti, che mi hanno fatto conoscere, attraverso dei corsi, un mondo che prima non conoscevo. Ora riesco a guardare le cose in un modo diverso e mi viene semplice concepire un cocktail in questo modo. Mentre all’inizio cercavo di non produrre nessuno scarto degli ingredienti che utilizzavo, adesso il problema è diventato l’opposto: cercare di utilizzare le parti più nobili.

 

Una sezione della carta è dedicata al Vermouth Fourghetti, prodotto con Sangiovese Leggiolo, spezie, aromi esclusivamente naturali e di qualità unica, calibrate dal profumiere Baldo Baldinini. Lo stesso vermouth si può trovare anche in uno dei tuoi cocktail? Quale?

Il vermouth Fourghetti, più morbido rispetto a quelli più comunemente utilizzati, lo utilizzo in due cocktail della sezione Twist on Classic: unFOURGHETTIble e Tu vò fà l’americano. Il primo è un Negroni con vermouth, London Dry gin, bitter e aceto di melograno; il secondo è una rivisitazione del popolare cocktail con l’utilizzo di vermouth, bitter, bourbon whisky e grattugiata di fava tonka.

 

Nel locale vi sono uno spazio ristorante e uno cocktail bar. Vi è la possibilità di assaggiare le tue creazioni sia al bancone che seduti al tavolo? C’è anche la possibilità di ordinare dei cocktail personalizzati, su richiesta, in abbinamento a piatti specifici?

Sì, le esperienze sono interscambiabili. Si può bere un cocktail al tavolo e poi decidere di fermarsi a cena al bancone o viceversa. Il vantaggio unico di cenare al bancone sta nel fatto che si può vedere il dietro le quinte del proprio cocktail o piatto. Da noi è possibile ordinare dei cocktail personalizzati e la nostra ambizione è proprio quella di proporre una degustazione sartoriale. Non è semplice perché cambiamo cocktail e piatti stagionalmente; lo chef è molto creativo e noi ci muoviamo di conseguenza.

 

Qual è il cocktail più richiesto della carta?

Il Giardino Mediterraneo, che è una mia rappresentazione dell’Italia ed è un cocktail in cui mi identifico molto. Gli ingredienti sono gin London dry, verjuice di finocchio e sedano, pickle di carota viola, sorbetto agli agrumi e soda al finocchietto selvatico.

 

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