[:it]Lui è uno Chef due stelle Michelin, patron de Il Piccolo Lago di Verbania. Lei è una pluripremiata barmaid, titolare dell’Estremadura Cafè, sempre a Verbania.
Sono professionisti, sono amici, sono visionari. Hanno visto, entrambi nel loro lavoro, la possibilità di creare qualcosa di nuovo, e l’hanno abbracciata senza risparmiarsi mai.
Lui frequentava il locale di lei, lei frequentava il locale di lui, e un giorno, quando c’è stata la possibilità di sposare un grande progetto e di farlo insieme, non ci hanno pensato su un minuto: si trattava del Piano 35, il ristorante – lounge bar più alto d’Italia al Grattacielo Intesa San Paolo di Torino.
Cosa gli si chiedeva? Di dargli un volto nuovo, di renderlo un luogo d’incontro aperto alla città e non più un mistero di vetro e metallo chiuso in se stesso e incapace di svelarsi in tutte le sue potenzialità.
Ci hanno pensato, ci hanno lavorato, hanno studiato una strategia che andasse al di là di un semplice menu o di una carta cocktail e adesso, con le idee chiare e qualche successo già in tasca, sono pronti a dare spettacolo.
LA NOSTRA ESPERIENZA: IL PAIRING
Il Piano 35, nella sua lounge bar, ci accoglie con la consueta penombra che sfocia nella luce intensa del banco del bar. Gli occhi si abituano subito, del resto siamo in una delle cornici più suggestive della città che adesso, finalmente, ha un suo ingresso separato da quello degli uffici del Grattacielo Intesa San Paolo. Quando arriviamo, li troviamo già al bancone: stanno parlando. Marco Sacco e Cinzia Ferro, che hanno accettato la sfida di far rivivere il Ristorante e la Lounge del Piano 35, sicuramente non sono a corto di idee. Li salutiamo ma decidiamo di lasciargli ancora qualche minuto, perché gli artisti non vanno disturbati mentre creano.
Per fortuna non corriamo il rischio di annoiarci, perché Marco e Cinzia ne hanno inventata una niente male: un percorso di food pairing che abbina ogni settimana un piatto iconico di lui a due cocktail creati appositamente da lei. Se volete provarlo, e ve lo consigliamo, sappiate che va in scena dal lunedì al giovedì dalle 18:30 alle 21:30 alla lounge del Piano 35.
L’abbinamento della settimana è “La trota Regina del Lago” di Marco Sacco incontra “Dal Lago al tramonto” di Cinzia Ferro. Una trota in due cotture (una affumicata con alloro, betulla, timo e l’altra cotta a bassa temperatura), straordinaria, sposa un drink che con le sue note di delicatissima e velata dolcezza prepara la papilla al pesce.
L’INTERVISTA
Il pairing è stato incredibile e Cinzia e Marco sono pronti a raccontarsi. Quindi ci facciamo consigliare un drink dai ragazzi dietro il banco (perfettamente istruiti da Cinzia) e partiamo.
Cinzia, Marco, innanzitutto grazie dell’invito. Ma voi cosa ci fate qui?
MS Cinzia e io ci conosciamo da 18 anni. All’inizio frequentavamo io il suo bar e lei il mio ristorante, c’è sempre stata molta stima professionale reciproca che poi, un bel giorno, è diventata un’amicizia. Cinzia ha persino “sottratto” mio figlio Simone alla mia cucina (ride n.d.r.)
In che senso, Chef?
MS Simone ha cominciato a lavorare con me in cucina al Piccolo Lago, ma dopo una settimana mi ha ridato la giacca perché quello non era il suo mondo. Aveva già le idee chiare però, e io l’ho assecondato: imparare un’altra arte, quella della mixology, e farlo da una di quelle che in Piemonte la conosceva meglio di tutti e che, per fortuna, era anche molto vicina: Cinzia Ferro dell’Estremadura!
Cinzia, cosa ne pensi di questa scelta?
CF Marco e io siamo sempre stati d’accordo su questo: non puoi obbligare i giovani a fare qualcosa che non vogliono, specialmente quando sanno molto bene cosa invece vogliono. Simone, nella fattispecie, voleva imparare a fare il mixologist e ha sempre messo anima e cuore nel suo percorso. È stato con me all’Estremadura e poi è partito alla volta dei miglior cocktail bar del mondo, per imparare. Ora è qui con noi al Piano 35, del progetto fa parte anche lui.
Parlateci di questo progetto allora.
MS Il nostro ingresso ufficiale al Piano 35 risale al 3 settembre 2019. Abbiamo preso in gestione gli ultimi tre piani del grattacielo, il 35, il 36 e il 37, rispettivamente ristorante, lounge e rooftop. Quando sono entrato qui per la prima volta mi sono però reso conto di una cosa: se la cucina è il mio mestiere da sempre, la mixology invece non la conosco per niente, ecco perché ho subito pensato a Cinzia, che per quanto mi riguarda è tra le migliori in Italia non solo dal punto di vista della miscelazione ma anche a livello imprenditoriale.
È curioso che uno chef si interessi così tanto alla miscelazione.
MS Io credo che miscelazione e cucina siano molto simili. Semplicemente, io uso il cibo, loro i liquidi, ma il concetto che sta alla base è lo stesso. È un mondo al quale mi sto appassionando e nel quale rivedo molti dei meccanismi della cucina e dei cuochi. C’è una differenza però: quando io ero giovane c’erano tanti chef, giovani come me, che volevano emergere e sgomitavano anche parecchio. All’inizio la volontà di fare sistema non c’era, ma con il tempo è stato quasi automatico e oggi, da Bottura a scendere, siamo tutti parte di un grande movimento e raccontiamo noi stessi e la cucina italiana con credibilità. Nei giovani barman non vedo la stessa volontà di fare sistema. Vedo passione, vedo voglia, ma senza una forte consapevolezza alle spalle rischiano di perdersi in un individualismo che non farà bene a loro e nemmeno alla mixology.
E allora cosa proponete?
MS Un progetto ambizioso: vogliamo che qui dentro, proprio al Piano 35, nasca nei prossimi mesi il nuovo movimento della mixology italiana. Ogni mese porteremo i maestri della mixology nazionale e internazionale a fare scuola ai nostri ragazzi e non sarà solo scuola di tecnica ma anche e soprattutto scuola di pensiero, perché altrimenti non andranno mai da nessuna parte.
Il progetto in effetti è molto ambizioso. Cinzia, cosa ne pensi?
CF Penso che abbiamo bisogno di progetti di questo genere e penso che sia più che naturale che nascano a Torino. Una grande fetta dei cocktail internazionali che tutti conosciamo sono stati inventati qui, e noi oggi abbiamo la fortuna di essere all’interno di un palazzo futuristico i cui vertici stanno investendo tanto sui giovani. Abbiamo la possibilità di farli diventare davvero grandi e non voglia sprecarla.
Affronteremo questo progetto passo a passo, e lo faremo credendoci davvero, perché il nostro futuro sono i giovani. Marco prima ha parlato di fare sistema e ha detto che non vede questa tendenza tra i mixologist. Purtroppo, devo dargli ragione. Sembra che tutti i barman oggi siano gelosi del loro sapere e che facciano di tutto per non svelarlo mai, come se fosse qualcosa da preservare da chissà quali minacce. Ma che senso ha possedere un bagaglio di conoscenze se poi non le si vuole trasmettere? Il sapere, quando non condiviso, resta fine a se stesso, muore insieme a te. È triste e soprattutto sciocco. Per questo vogliamo invertire la tendenza.
Come intendete procedere?
CF Parlare con i “grandi” è fondamentale: i ragazzi devono ascoltare, imparare, fare propri gli insegnamenti di chi ha più esperienza ma poi creare con la loro testa. Un dipinto deve essere perfettamente riconducibile al suo creatore, deve esserci dentro la sua identità, e così deve essere per un drink. Non importa che piaccia a tutti, ma comunque il mixologist deve essere riconoscibile dentro il suo cocktail. Per riuscirci serve avere metodo, conoscere perfettamente tutte le tecniche e gli ingredienti per poi creare qualcosa di veramente tuo e portarlo in giro con te ovunque vai. Il passaggio successivo è trasmettere questo sapere, perché insegnare secondo me è la cosa più bella del mondo.
MS La cosa fondamentale è cominciare a considerare sia la cucina che la mixology come cultura. Noi ci siamo inventati questi appuntamenti di food pairing, ma la cosa importante è andare al di là del semplice incontro tra un piatto e un drink. La cosa importante è raccontare le storie che ci sono dietro agli ingredienti, ai produttori, alle tecniche di cucina e di miscelazione. È importante raccontare le storie di chi è venuto prima di noi e ha permesso a noi di fare ciò che facciamo oggi. C’è una ricchezza infinita nella semplicità di un’arte come la mixology, e viene raccontata troppo poco. Per riuscire a diventare qualcuno devi ascoltare questi racconti, devi approcciarti a questo mondo con umiltà ma convinto di volerne fare parte. Non è facile, ma qualcuno ce la fa.
La nuova corrente ce l’ha già un nome?
MS Non ancora, ma a febbraio lo partoriremo. Qui siamo ancora in fase embrionale, ma ci siamo già appassionati tanto a questo progetto e potete starne certi: quando Sacco e Ferro si mettono in testa una cosa, questa si avvera! Questo sarà un luogo di accoglienza di pensieri diversi, una grande tavola rotonda attorno alla quale i professionisti si confrontano: giovani barman, vecchi barman, barman d’hotel, barman da cocktail bar…. Il Piano 35 deve diventare un crocevia di idee, confronti, tendenze che si incontrano, nuove proposte. Deve diventare un luogo in cui fare prima di tutto cultura e dare ai giovani la possibilità di apprendere.
CF Siamo fortunati: sono tanti i professionisti di questo mondo che hanno voglia di insegnare, uno su tutti Mauro Lotti. Ascoltarlo raccontare la storia della mixology, le competenze di un barman d’hotel e tutti i suoi aneddoti è affascinante, si tratta di un patrimonio imperdibile che lui ama condividere con tutti, specialmente con i giovani. Serve questo. Serve insegnare il senso dell’ospitalità, il piacere di accogliere e di fare squadra. Ed è quello che cercheremo di fare qui.
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